La legge prevede che, dopo il divorzio, se il coniuge tenuto a pagare gli alimenti va in pensione e riceve il trattamento di fine rapporto, deve riconoscere una indennità all’ex coniuge.
Sul punto, l’articolo 12-bis della legge sul divorzio (legge 1° dicembre 1970, n. 898) stabilisce espressamente che “il coniuge nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza”. “Tale percentuale – si legge al secondo comma – è pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio”.
La legge mira così a soddisfare un intento di solidarietà tra gli ex coniugi, consentendo a uno di essi di poter fruire, una volta cessato il matrimonio, di una quota del trattamento economico maturato dall’altro coniuge lavoratore in costanza di matrimonio oltre che nel periodo di separazione come sarà di seguito specificato. Infatti il trattamento di fine rapporto non è previsto in caso di separazione: non esiste una norma che prevede in questo caso la partecipazione di un coniuge all’indennità di fine rapporto percepito dall’altro.
Le condizioni per avere diritto ad una quota di TFR sono:
- In primis gli ex coniugi devono essere divorziati: a nulla rileva la semplice separazione personale consensuale o giudiziale.
- Il coniuge richiedente deve essere destinatario di un assegno di divorzio – stabilito a seguito di specifico giudizio – e che deve essere corrisposto mensilmente e non deve essere stato liquidato in un’unica soluzione.
- Ancora, l’ex coniuge che richiede la quota di Tfr non deve essere passato a nuove nozze.
Come va calcolata in concreto questa percentuale di indennità?
La percentuale di Tfr alla quale ha diritto l’ex coniuge spetta nella misura del 40 per cento della liquidazione maturata dal lavoratore, riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio. Va calcolata anche l’intera fase della separazione, poiché il matrimonio permane fino alla pronuncia di divorzio, quindi fino alla cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La base su cui calcolare la percentuale ex art.12-bis primo comma della legge n.898 del 1970 è costituita dall’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro.
Nel caso in cui il lavoratore abbia richiesto delle anticipazioni, l’indennità che verrà percepita alla cessazione del lavoro sarà inferiore a quella spettante ove le anticipazioni non vi fossero state. Da ciò consegue che il calcolo della quota di Tfr dovuta all’ex coniuge del lavoratore deve essere effettuato al netto degli anticipi richiesti ed ottenuti dallo stesso durante il matrimonio, compreso il periodo di separazione.
L’art. 12 bis si applica anche in caso di morte dell’ex coniuge ?
La risposta non può che essere affermativa: la giurisprudenza infatti ha chiarito che a seguito della morte del divorziato che abbia contratto un nuovo matrimonio, l’ex coniuge (titolare dell’assegno divorzile) ha diritto, in concorso con il coniuge superstite, non solo ad una quota della pensione di reversibilità, ma anche a una quota della indennità di fine rapporto”.